Metropolita Antonio di Sourozh (Bloom) sull’illusione

Metropolitano Antonio di Surozh

Conversazioni con il metropolita Antonio di Surozh. A proposito di illusione.

Molto spesso, troppo spesso, parlano di illusione e usano questa parola con una sorta di misteriosa espressione del viso, perché le persone hanno trovato questa parola negli scritti dei santi padri, che non avrebbero dovuto ancora leggere. Ricordo come mi disse un sacerdote molto esperto: non lasciare che la "Filocalia" venga letta dalle persone che non sono ancora maturate nell'Ortodossia, perché penseranno che tutto ciò che è descritto lì con parole così semplici, lo sanno già, ma in realtà ciò che è descritto lì in termini così semplici è qualcosa di cui spesso nessuno di noi abbia la più pallida idea. E qui possiamo parlare di illusione. L'uomo è sedotto dalla sua immaginazione. È ingannato. Illusione (in russo prelest’) – proviene dalla parola lest’ (adulazione), bugia. E una persona illusa è una persona che immagina una cosa, quando in realtà la situazione è tutta un'altra. L'uomo immagina di comprendere i misteri della vita spirituale, mentre conosce solo qualcosa della vita della sua anima.

C'è un passaggio meraviglioso in Teofane il Recluso, dove non parla di illusione, ma parla di ciò che accade molto spesso, quando in noi con la preghiera, con i sacramenti, con una riflessione approfondita, con un tentativo di essere degno della propria vocazione cristiana, si verificano certi sentimenti o addirittura esperienze corporee inaspettati per noi stessi: calore, una sorta di luce che sorge nell'anima. E lui dice: è tutto mentale e corporeo. E dice anche che se, quando preghi, vedi una specie di luce dorata, sappi che questo non è Divino, questo è un fenomeno mentale e corporeo. E quindi, dobbiamo stare molto attenti a questo proposito e non domandarci se ciò sia illusione o se non lo sia, ma vivere in modo sobrio. Cioè non inebriarsi del proprio desiderio di vivere una vita spirituale. Sant'Isacco il Siro dice: se vedi un novizio che comincia a salire dalla terra al cielo, afferralo per le gambe, gettalo a terra, perché se si alza troppo, si spezzerà troppo dolorosamente. E quindi, dobbiamo imparare a vivere in modo semplice e sobrio. Come mi ha detto un prete: dove c'è semplicità, ci sono cento angeli, dove c'è complessità, non ce n'è uno solo. E la nostra illusione deriva dal fatto che ci guardiamo noi stessi: se preghiamo, digiuniamo, leggiamo, parliamo - prestiamo attenzione a noi stessi e pensiamo: cosa sono, cosa sta succedendo in me adesso, cosa sono io davanti a Dio – e non possiamo darci la risposta a questo. Possiamo solo dire: tutto quello che sto vivendo ora, Signore, se è da Te, rafforzalo, se non è da Te, allora disperdilo.

Posso fare un esempio del genere, quello personale, molto poco attraente. Quando ero giovane, avevo la capacità di sentire i pensieri di altre persone. E ad un certo punto mi sono posto una domanda: ora sto sviluppando questa capacità, posso anche a una certa distanza, per così dire, parlare con alcune persone che sono anch’esse di questo tipo. Ho detto: Signore, se è da te, conserva e rafforza; se non è da te, disperdi. E nello stesso momento ho perso questa capacità. Sono così grato per non dover più porre una tale domanda a me stesso - non ho questa capacità. Ho una sensibilità umana naturale, ho una sorta di esperienza umana, ma non ho questa capacità, di cui ora tanti sensitivi sono orgogliosi, e così via.

Questo non vuol dire che ogni sensitivo sperimenti o usi questa capacità dalle forze del male, ma c'è chi ha questo come un semplice dono naturale, c'è chi è usato dalle forze oscure, ma non è questo il problema. Il punto è che dovremmo cercare di non attribuire qualità soprannaturali a delle capacità naturali.

Ricordo che quando ero un medico, venne da me un sensitivo che mi disse: “Sai, vuoi lavorare con me? Ho il dono della guarigione. Vuoi che ti aiuti dove tu non puoi?” L'ho guardato, non mi piaceva molto, gli ho detto: "Come puoi dimostrarlo?" E lui ha allungato le mani, e sono stato preso dal calore. Poi si coprì la mano e disse: "Senti qualcosa?" “Sì, calore.” La allungò di nuovo: rimasi colpito come dal ghiaccio. "Vedi cosa posso fare." E poi gli ho posto la domanda: "Dimmi, tratti le persone per amore per loro e per Dio gratuitamente, o ti aspetti una ricompensa in denaro da loro?" "Oh, no", dice, " per niente non tratterò nessuno". Gli ho detto: "Quindi questo non viene da Dio, vattene".

E così, c'è qui una margine, ci sono persone che sono dotate di questo o quell’altro dono, ci sono persone che lo usano per il proprio guadagno, ma se sono dotate di qualsiasi dono, sia esso una semplice saggezza, una voce quando canta, o qualcos'altro, bisogna stare molto attenti a questo e non dire: quanto sono meraviglioso, che dono posseggo! E spesso, sai, sarebbe possibile sostituire l'orgoglio o anche la stupida vanità con la gratitudine: se fossimo grati per le azioni, doni che abbiamo, allora saremmo liberi dall'illusione.

Ti darò un esempio. Potrei anche avertelo già dato una volta. Una volta venne da me una ragazza di 25-26 anni. Si sedette sul divano di fronte a me, abbassò la testa e fece una faccia terribile. Dico: "Qual è il problema?" “Padre Antonio, sono una peccatrice”. Dico: “L'ho sempre saputo. Cosa c'è di nuovo?” "Sono una peccatrice." "E in che cosa consiste la tua peccaminosità?" "Ogni volta che passo davanti a uno specchio e vedo la mia faccia, mi trovo carina." L'ho guardata e le ho detto: "E infatti sei carina". "Quindi sono persa, quindi non c'è salvezza per me a causa di questa bellezza?" Io dico: “No, anzi, fai così: mettiti davanti allo specchio 2 volte al giorno, guardati, guarda ogni tratto del tuo viso, sulla tua fronte, sulle tue sopracciglia, sui tuoi occhi, sul tuo naso, sulle tue labbra, sulle tue guance, sul tuo mento, sui tuoi capelli, e ogni volta che trovi che questo o quel tratto è davvero carino e molto bello, ti fermi e dici: Signore, grazie per avermi dato questo, io stessa non sarei in grado di farlo. E se impari a ringraziarlo per tutto, allora invece di vanità e orgoglio nascerà in te gratitudine, stupore davanti alla misericordia di Dio. E poi toccherai il primo comandamento della beatitudine: beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Quelli che sono poveri, perché sanno di non avere nulla di proprio, ma di avere tutto, perché Dio glielo ha dato, e questo è il Regno di Dio. E poi ho aggiunto: "Ma quando finisci di ringraziare Dio per la bellezza del tuo viso, fermati e dì: Signore, perdonami per aver messo un'espressione così brutta su questi lineamenti che hai creato così carini".

E quindi, penso che in questo contesto di illusione, immaginazione su noi stessi, sia nella preghiera, sia nei doni della mente o del cuore, dobbiamo cercare, in primo luogo, di porre la domanda davanti a Dio: "Questo viene da Te o non? In caso contrario, portamelo via, anche se poi perdo tutto. E in secondo luogo: "Se viene da Te, insegnami ad essere grato o grata fino in fondo". E poi andrà tutto bene.